mercoledì 15 ottobre 2008

L'handicap a scuola

Ho letto con molta attenzione l’articolo di Francesco Merlo su Repubblica del 15 u.s. Sono ovviamente d’accordo con l’assunto generale sotteso all’intero articolo, quando l’autore dice che “per un bravo insegnante, i ragazzi sono tutti uguali, tutti bisognosi di informazioni e di formazione anche se ciascuno alla propria maniera”, e mi piace anche l’affermazione che “il professore migliore …sa affrontare ogni genere di ignoranza, sia essa linguistica matematica o filosofica, e conta poco che essa derivi da un impedimento psicologico o da una estraneità al linguaggio istituzionale, alla lingua nazionale”. Ma l’autore, preso naturalmente dalla foga del suo argomentare, ingloba nel suo discorso “tutti gli handicap”, senza fare dei distinguo. Com’è possibile, dico, che oggi si accolga in una classe normale un soggetto con (non solo) un handicap psicologico, ma che, come risulta dalle schede medico-psicologiche e soprattutto dal comportamento in classe, ha l’evoluzione psicologica di un bambino di tre anni? Come si può mettere in una classe di normodotati un soggetto che continuamente grida, canta, rompe oggetti e materiali didattici, straccia quaderni e libri dei compagni, lecca (sic!) oggetti, persone, persino le pareti dell’aula? E’ una scelta democratica questa scelta didattica così dissennata?. Quindi vorrei dire a Francesco Merlo che per la presenza in aula di un soggetto non normodotato non mi preoccuperei più di tanto, perché otterrà un qualche vantaggio stando insieme ai compagni e gli alunni normodotati alla lunga recuperano anche con l’opera oculata e paziente di un ottimo docente. Ma com’è possibile inserire in classe un soggetto che non solo rallenta il processo didattico dell'intera classe, ma che addirittura lo annulla?

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