giovedì 31 luglio 2008

POVERA ANNAMARIA FRANZONI !

La povera Franzoni è stata sufficientemente massacrata dai media: tanto da meritare uno sconto di pena non previsto dai codici, ma dalla comprensione umana sì. Ieri è poi ricomparsa in video la villetta di Cogne, ed è stato come rivedere Anna Magnani o Alberto Sordi nei vecchi scampoli della Rai, vecchie glorie dei vecchi tempi. L´occasione era la sentenza dei giudici di Cassazione che definiscono "lucida determinazione" lo sciagurato raptus di una madre soccombente e infelice. Chissà – mi sono detto – se esiste, negli studi di Porta a porta, anche un plastico della pietà umana. Ove Vespa possa indicare, con apposita bacchetta, quella zona del comprendonio che basti a elaborare un pensiero finalmente caritatevole, e insperatamente logico, a proposito di quel tristissimo vortice, raro ma non isolato, che a volte coglie padri e specialmente madri travolti dalla paura di non essere all´altezza, e li spinge alla violenza bruta sui poveri figlioli.Ci saremmo risparmiati anni e anni di altri plastici, migliaia di ore di trasmissione, fiumi di parole a vanvera, inquadrature da ogni dove (anche aeree, forse pure satellitari) della villetta e della sua banale insignificanza, povera villetta divenuta icona del Male essendo appena il contenitore domestico, uguale a tanti, del dolore e della fragilità.

Michele Serra su Repubblica 31.7.08

mercoledì 30 luglio 2008

LA CULTURA DEGLI UOMINI MASSA

Siamo pressati. Circondati. Assediati. Dall'incultura, dall'ignoranza, dalla volgarità, dall'idiozia. La tragedia è cominciata col suffragio universale. Perchè, Come scrive Nietzsche, «la verità è che gli uomini non sono uguali». Invece l'esprit de geometrie illuminista ha voluto sacrificare la verità a un'astratta concezione di uguaglianza e di giustizia che ha finito per combinare sconquassi inenarrabili e per tradursi nel suo contrario.
Diceva infatti il Sommo Aristotele: «Ingiustizia non è solo trattar gli uguali in modo diseguale, ma anche trattare i diseguali in modo uguale». Non è questione, naturalmente, delle differenze di nascita, di discendenza o di sangue, sciocchezze, queste sì, che proprio l'Illuminismo - qualche merito bisogna pur riconoscerglielo -ha spazzato via, ma della diversa qualità delle intelligenze, delle sensibilità, delle culture. Oggi qualsiasi bifolco, giocatore assatanato del Superenalotto, cliente di maghi e «previsionisti», telefonista indefesso a tutti gli innumerevoli e demenziali giochi proposti dalla tivù, ciucciatore di Beautiful e di Beverly Hills, fan della Carrà, di Laura Pausini e di Jovanotti, divoratore di Tv Sorrisi e canzoni, spettatore inciuchito di Moby Dick e del Maurizio Costanzo Show, ha pari diritti e pari dignità di un uomo che abbia letto e capito Eraclito, Platone, Tommaso D' Aquino, Kant, Hegel, Heidegger. Ma il bifolco possiede un potere di molto superiore, sia perché è spalleggiato dagli altri come lui, che sono la stragrande maggioranza, sia perché trova chi lo rappresenta politicamente (la democrazia è numero) laddove l'uomo di cultura è un isolato, un single sociale. Lo so, lo so, che il discorso è ambiguo e pericoloso. Un'intelligenza non si identifica con la cultura e tantomeno con la pseudocultura, da Taitenic, dei nostri giorni. La mia domestica, l' Angela, una lucana antica quanto lo è quel popolo, è quasi analfabeta, ma ha una sapienza e un'intelligenza sconosciute al molto commendevole ed emerito professor Angelo Panebianco che gode fama di grande intellettuale solo perché scrive sciocchezze veterocapitaliste, funzionali agli interessi dei padroni del vapore, sul Corriere della Sera. E allora cosa facciamo, togliamo il diritto di voto all'Angela, solo perché non sa scrivere, e lo lasciamo ad Angelo Panebianco solo perché scrive fesserie? Del resto il problema è reso insolubile dal fatto che non ci sono criteri oggettivi per valutare e misurare l'intelligenza. E nessuno può pretenderla ad arbitro in simili faccende, chi lo facesse dimostrerebbe di essere un vero cretino. La Repubblica dei filosofi, di platonica memoria, è impraticabile, e inoltre ci sono dei filosofi cretinissimi. Detto questo è però indiscutibile che, in linea generale e sociologica, la democrazia realizzi la prevalenza del cretino e dell'ignorante. Il quale, fattosi massa, ha un enorme potere e lo conferisce a idola pari suo. In fondo la società dello spettacolo si è formata per questo. È la massa adorante che ha dato il potere agli uomini e alle donne dello show-business, ai Magalli, agli Jovanotti, ai Fiorello, ai Santoro, alle Carrà, alle Schiffer, alle Campbell, ai Ronaldo, alle Ronaldine, alle sciacquette televisive, che, insieme all'aristocrazia del denaro di cui fan parte, costituiscono la vera nobiltà e le vere élites del XX secolo. E i politici appartengono a questa élite solo in quanto sono anche protagonisti dello star-system. Se oggi rinascesse Kant vivrebbe, del tutto sconosciuto, in un bilocale di Sesto San Giovanni. La Critica della ragion pura può essere distrutta da una battuta o da un rutto ben riuscito al Costanzo Show. Quando morì Benedetto Croce il Corriere gli dedicò due colonne in prima e la terza pagina, a Lucio Battisti, che era un ottimo cantante ma che, con tutto il rispetto, non ha avuto l'importanza e l'influenza culturale di Croce, sono andate dalle sette alle nove pagine. L' altro giorno, uscendo dal Costanzo Show, ho visto una folla, immensa, romanesca (quella che dice «Ahò», «amo fatto er corteo», «che t'ho da di'») in attesa spasmodica di Pupo, dicesi Pupo: noi ormai siamo prigionieri di questa folla, che ci spinge, ci sgomita, ci caccia nel ghetto, nella riserva indiana in via di estinzione finché, fra non molto, i pochi rimasti saranno esibiti allo zoo, dietro le sbarre, come residui un po' comici e un po' patetici di un trapassato remoto e sul petto gli appenderanno il cartiglio d'infamia: «Esemplare di uomo colto». Siam noi i paria di questa società, i ciandala, la casta inferiore, irrisa, sbeffeggiata, disprezzata, calpestata. Siamo noi gli indiani d'America del XX secolo. Ecco dove ci ha cacciati la logica del suffragio universale che con troppa generosità e incoscienza concedemmo a suo tempo invece di resistere alle idee moderne e democratiche. Oggi siamo noi i diseguali e i discriminati. Basta. Dobbiamo ribellarci. Munirci di armi e iniziare una sorda lotta clandestina e terrorista. E una volta che avremo preso il potere saremo esigentissimi, spietati. Faremo gli esami. E coloro che non saranno in grado di dimostrare di aver capito i Prolegomeni a ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza [*](mi dispiace per l' Angela, ma ogni rivoluzione vuole le sue vittime innocenti), le braccia sottratte all'agricoltura che si sono poste come arroganti élites le ricacceremo là dove loro compete: a coltivar patate. Via, marsc, rauss! Ci avete rotto i coglioni.

(*) io i Prolegomeni li ho capiti, e voi?
Da: http://aleiorio.ilcannocchiale.it/post/1984776.html

domenica 27 luglio 2008

IL LODO ALFANO



Tu senti parlare / del lodo Alfano
e pur ti sembra / qualcosa di sano;
però poi vedi / ch’è una gran porcata
scritta e voluta / da mente bacata.

Da questa legge / e da ogni suo recesso
si desume / che non si fa processo
a chi siede / più in alto nello stato
anche quando / di colpe s’è macchiato.

Sembra una legge / fatta per Berlusca
che restando / senza neanche una macchia
ricco e contento / continua la pacchia.

La Giustizia però / lo guarda bieca
e anche se nessuno / più l’arresta,
la sua gran bilancia / gli rompe in testa.

27 Luglio 2008

venerdì 25 luglio 2008

IL SENO VIETATO

Ieri sera (24 Luglio), guardando uno spezzone dello sceneggiato su Canale 5, intitolato ‘I Tudor’, mi sono accorto con meraviglia, che di tanto in tanto, nella parte inferiore dello schermo, passava, oltre a una serie di frammenti pubblicitari su bibite, sughi, condimenti etc. anche una scritta in grassetto: “La visione di questo programma è riservato ai soli adulti”. Mi dicevo fra me: “Ma non ci sarà a quest’ora (in cui i bambini sono ancora svegli) qualche scena di sesso o che so io?” La spiegazione è venuta qualche secondo dopo: due favorite del re si facevano trovare nella sua alcova con il seno scoperto e con atteggiamenti più che eloquenti. Ma io dico: come? Tutto il santo giorno si vedono spettacoli in cui viene offeso il senso del giusto, distrutto il senso del gusto, ottusa l’intelligenza, addormentata la coscienza, e non c’è scritta alcuna per preservare da questi squallidi programmai soggetti ancora in crescita e in formazione, e poi spunta una scritta, di derivazione clericale fascista, solo per il timore che un adolescente sia sconvolto e turbato da un paio di tette? VERGOGNA!.

martedì 1 luglio 2008

Tu scrivi sulla cupola del Brunelleschi e io ti licenzio!

FIRENZE - Non c´è pietà per chi sbaglia. Neppure in vacanza e dall´altra parte del mondo a un giapponese è concesso di cedere al vandalico desiderio di imbrattare con il pennarello un pezzetto di monumento per lasciare una traccia di sé, seppur disonorevole. Tornati in patria i "turisti della vergogna" vengono denunciati da connazionali indignati e severamente puniti. Ieri l´ultimo caso, il terzo scoperto in pochi giorni a Firenze, di un insegnante di trent´anni "pizzicato" a sporcare niente meno che il Duomo, simbolo della città e della sua storia. Adesso rischia di perdere il posto nella scuola superiore Tokiwa, nella città di Mito in cui allena la squadra di baseball, perché che cosa potrebbe insegnare ai ragazzi uno che in vacanza si comporta così? Non sarebbe certo un modello da imitare.
I cattivi esempi del resto abbondano. E´ proprio vedendo le tante scritte che già riempivano la terrazza panoramica della Cupola di Santa Maria del Fiore che nel febbraio scorso una studentessa giapponese ha impresso un autografo col pennarello indelebile: nome, data e iniziali della sua università, il Collegio Femminile di Gifu. In pratica una carta d´identità incisa sul marmo. Riferimenti precisi che un altro turista ha copiato per poter denunciare l´episodio appena tornato a Tokyo, con tanto di foto appositamente scattata per dare una prova concreta del reato ai dirigenti dell´istituto frequentato dalla ragazza, che ha immediatamente inviato scuse ufficiali all´Opera del Duomo offrendosi di risarcire il danno. «I soldi li abbiamo rifiutati», spiega il responsabile del servizio tecnico dell´Opera Paolo Bianchini. «Abbiamo personale assunto proprio per occuparsi ogni giorno di cancellare cuori infranti, dichiarazioni d´amore e graffiti di viaggio lasciati sulla Cupola. Ma il caso scatenato dal Giappone dovrebbe servire da esempio a tutti quegli italiani che considerano legittimo danneggiare le opere d´arte». La studentessa di Gifu alla fine se l´è cavata con una lavata di testa.
Ma la caccia all´uomo non si ferma, ormai sui due principali quotidiani giapponesi Yomiuri Shimbun e Asahi Shimbun - insieme vendono oltre 22 milioni di copie al giorno - gli appelli a fare la spia si stanno moltiplicando. La scorsa settimana altri tre studenti dell´università Sangyo di Kyoto hanno confessato di aver lasciato scritte e disegni in cima al Duomo. Anche loro incastrati da una foto che ritrae la scritta con i nomi, la data, la scuola. Sospesi per due settimane. «Vergogna» è il titolo dello speciale tv trasmesso dal canale nazionale Tvs6, che dedica ampio spazio alla vicenda. Di fronte a tanto clamore l´allenatore di baseball grafomane ha tentato un´autodifesa: «L´ho fatto senza pensarci tanto», spiega, «avevo sentito dire che chi scrive il nome su quella pietra ottiene felicità». Il preside dell´istituto non sembra intenzionato a comprendere le sue ragioni: «E´ stata una condotta sconsiderata», taglia corto. Da ieri l´insegnante è sospeso ma potrebbe anche venire licenziato in tronco. Nei suoi confronti l´assessore fiorentino Graziano Cioni, detto "lo sceriffo", non è tenero: «Scrivere sul Duomo di Firenze è una cosa vergognosa ma mi fa piacere che contro i giapponesi che compiono certi atti si sia creata una sollevazione di massa. Il rispetto per la città è un fatto di cultura, non serve mettere un vigile urbano ad ogni angolo. Mi auguro che ogni cittadino diventi sentinella di se stesso e degli altri». In Giappone funziona, da noi chissà.