domenica 29 marzo 2009

LA PERCENTUALE CHE FA SPERARE

Avete notato tutti che al congresso del nuovo Partito del Popolo della libertà, erano tutti in attesa di sapere se i consensi per Silvio avrebbero raggiunto il 100%; la storia però ci insegna che un consenso così plebiscitario fa pensare a quel 99 % e oltre degli austriaci che votarono, nel 1933, l’annessione alla Germania, nulla immaginando che ciò si sarebbe rivelato come la decisione più sciagurata della loro storia; si pensa altresì a quel consenso veramente plebiscitario che accompagnò il Duce per un ventennio ma che portò fortunatamente al ritorno della libertà il 25 Aprile del ‘45. Si sa che se in una votazione, sia essa in un condominio, in un referendum, nel circolo delle Bocce o in congresso di partito, supera il 99% dei voti favorevoli, significa che quella elezione è truccata; si fonda sul Culto della Personalità, che all’inizio regge, ma quasi sempre fa nascere un Bruto. Ma tra questa altissima percentuale di entusiasti al Congresso chi è colui che avrà una salutare crisi di coscienza e si trasformerà nel traditore di colui che prima venerava? Ciò accadrà, perché questa è la storia; infatti neppure Cristo, tra i suoi apostoli, riuscì a raccogliere il 100 per cento dei consensi, dovendosi accontentare di 11 a favore e uno contro, dunque di un modesto 92 per cento.


sabato 28 marzo 2009

La vera carità cristiana

Ho firmato di fronte all’avvocato, con mia moglie, le “volontà dei viventi”, come si chiamano qui negli Stati Uniti, espressione assai migliore di quell’orrenda formula italiana del “testamento biologico” che sembra un incrocio fra un detersivo e una bistecca. Un atto normale e banale, di razionalità e soprattutto di affetto per chi ti vuol bene, senza scandalo, prediche, anatemi, scomuniche. E l’avvocato, che per la verità era un’avvocata, mi ha raccontato una storia curiosa. Nell’ospedale del New Jersey, che per ovvie ragioni non nominerò, dove il marito, avvocato pure lui, presta settimanalmente servizio volontario di assistenza legale gratuita ai pazienti, un uomo molto anziano è caduto in coma profondo da ictus cerebrale e non si trovavano nè famigliari, nè custodi legali, nè testimoni che potessero attestare le sue volontà in caso di non coscienza. E’ intervenuto un prete, il cappellano cattolico di quell’ospedale gestito da una struttura cattolica, non da materialisti negatori mozzateste, per dire spazientito al legale, ai medici, ai dirigenti dell’istituto: “Ma non vedete che questo poveretto è già morto, abbiate pietà di lui”. Dunque è ancora possibile essere cristiani, cattolici, addirittura sacerdoti senza essere disumani.
(Vittorio Zucconi, laRepubblica.it)

venerdì 27 marzo 2009

DE PROFUNDIS

Il mio è un necrologio per la scuola che è morta: nell'abbandono dei suoi edifici, nel grigiore delle pareti delle sue aule, nel tanfo delle sue palestre, nel fetore dei suoi gabinetti. È morta di amarezza, nello squallore delle sue sale dei docenti. Di rancore, nella disillusione dei suoi docenti, nella marginalità del loro ruolo, nell'usura dei loro abiti, nell'indigenza, nell'insulto alle loro persone. Morta di vergogna, nella mancanza di carta igienica, nella povertà dei suoi strumenti, nel decadimento delle sue suppellettili. Di noia, nell'inutilità delle sue riunioni, nell'astrusa insulsaggine dei corsi di aggiornamento. Di disgusto, nell'ipocrisia dei suoi ministri, nell'arroganza dei potenti, nella volgarità della cultura dominante. Morta di invidia, nel confronto con le scuole dei paesi civili. Di indifferenza, nell'incuria dell'opinione pubblica, nell'ignavia degli intellettuali, nel disinteresse dell'informazione. La scuola italiana è morta di rimpianto, nella disillusione per i sogni di chi, almeno per un giorno, ci aveva creduto.

(Lettera firmata, laRepubblica 27.3.2009: leggi qui )


giovedì 26 marzo 2009

SUL TESTAMENTO BIOLOGICO


È in corso una specie di guerra del Vaticano contro, più o meno, il resto del mondo. Una guerra senza armi da fuoco, nella quale però si usano le armi non meno taglienti (moralmente) della dialettica e di concezioni assolutistiche con conseguenze gravi sulla vita delle persone. Al sondaggio pubblicato dal Journal du Dimanche possiamo affiancare quello pubblicato ieri da Repubblica dal quale si vede che la stragrande maggioranza degli italiani, cattolici compresi, sarebbero a favore di un testamento biologico con il quale disporre liberamente del proprio corpo. Anche chi diffida dei sondaggi non può non tener conto che i dati confermano per l'ennesima volta percentuali già in precedenza, e da più parti, accertate. In Italia questo scontro assume purtroppo anche contorni legislativi a proposito dei quali cito un piccolo ma significativo episodio verificatosi ieri in Parlamento. Il senatore Marino ha chiesto in aula al ministro Sacconi e al presidente Schifani di far comparire sul sito del Ministero, quale che sarà il testo finale della Legge sul testamento biologico, tutte le informazioni necessarie per orientare i cittadini. La risposta sarebbe forse stata favorevole se la sottosegretaria Roccella non fosse insorta reclamando a gran voce il "no". No è stato. Quando si arriva al limite di negare ai cittadini le informazioni utili a usufruire di un diritto, è chiaro che si è giunti ad un'atmosfera degna di una dittatura. Di fronte a questo sfacelo i vescovi italiani, dopo aver indirizzato una specie di diktat al Parlamento della Repubblica, non hanno trovato di meglio che alzare la voce contro la Francia. Chiaro che questa "guerra" è il segno della crisi profonda che attraversa la chiesa di fronte alla scristianizzazione del mondo. Altrettanto chiaro però che a farne le spese sono purtroppo i cittadini di questa povera Repubblica.
(Corrado Augias, laRepubblica 26.3.2009)

mercoledì 25 marzo 2009

LEGGI ESQUIMESI PER L'AFRICA

Il colpo d´occhio antropologico sull´assemblea dei vescovi italiani precede di molto ogni giudizio ideologico. Un consesso di soli maschi e di soli anziani. Il sunto perfetto di ciò che rimproveriamo di continuo alla politica e al potere: mantenere a debita distanza le donne e i giovani, con l´evidente aggravante che qui le donne sono istituzionalmente escluse dal sacerdozio, e un giovane per diventare vescovo deve prima smettere di essere giovane.
Il paradosso è che una siffatta composizione del potere, che espelle dal proprio corpo materiale metà dei viventi (le femmine) e la porzione più attiva e longeva della società (i giovani), si ritiene in dovere di pronunciarsi soprattutto su una questione, l´eros, che è certamente più congeniale agli esclusi (giovani e donne) che agli inclusi (maschi anziani tenuti al voto di castità). Non crediamo di mancare di rispetto ai vescovi facendo notare che, così come li si vede nei telegiornali, il primo pensiero è che l´eros non è il loro ramo. E che l´ostinazione con la quale sentenziano in materia appare, vista dall´esterno, davvero autolesionista, per l´inevitabile astrazione dell´approccio e per la conseguente mancanza di simpatia con gli umani. È un po´ come se un parlamento esquimese pensasse di legiferare per un paese africano.
(Michele Serra.laRepubblica 25.3.200)

lunedì 23 marzo 2009

Le donne, gli uomini e l'eterno campionario degli equivoci

Oggi sappiamo che maschi e femmine, identici per intelligenza e capacità, sono diversi soprattutto nel campo erotico. Le donne sanno esprimere molto meglio le proprie emozioni. Gli uomini non si raccontano i propri sentimenti, le proprie esperienze sessuali, i particolari della loro vita quotidiana. Le donne sì, ed inoltre si interessano alla vita intima dei loro conoscenti e dei divi dello spettacolo di cui conoscono amori, divorzi, rapporti coi figli. Gli uomini nulla. Le donne pensano molto all' amore e già a tredici, quattordici anni vanno in estasi per il loro attore preferito. L'uomo, invece quando guarda una donna qualsiasi o una diva pensa essenzialmente al sesso. Infine le donne amano l'amore e, quando si innamorano, diventano più belle, fioriscono. Gli uomini è come se avessero ricevuto un colpo in testa.
I maschi sono attratti dalla bellezza vistosa, che però vedono in modo globale, senza riuscire ad analizzarla. Per eccitarli bastano due gambe accavallate, un seno che sporge, un culetto che si allontana dimenandosi. Anche le donne ammirano la bellezza maschile ma anche la forza, l'audacia, il coraggio, l'intelligenza, la passionalità. Apprezzano sia la personalità globale del maschio di cui colgono la carica vitale, il fascino di una vita vissuta, sia la sua personalità sociale: il successo e il potere. Esse istintivamente rifiutano l'uomo debole, timido, incerto, che striscia. Quando lasciano un uomo e lui le segue piangendo e pregandole di tornare lo disprezzano. Invece un maschio che ha lasciato una donna, se questa piange e lo scongiura, si commuove. Infine nell'erotismo maschile è importantissima la vista, mentre per la donna sono più importanti l'odore, la pelle, il suono, la parola, la musica, le sensazioni cenestesiche, quindi le carezze, l'abbraccio, il modo in cui ti bacia.
Quanti equivoci nascono da queste differenze! Perché gli uomini sono attratti dalle donne che valorizzano il proprio corpo, il proprio erotismo, ma poi le temono, ne sono gelosi, le frenano. Salvo poi correre dietro quella che li seduce civettando. Ma anche le donne fanno lo stesso errore quando vogliono un uomo che ubbidisca ad ogni loro ordine in casa o fuori. Perché, quando sono riuscite a farne il loro servitore, non provano più per lui interesse erotico. E allora vorrebbero un «vero uomo» che sappia tener loro testa, far loro la corte, e che le porti in un luogo romantico a cenare al lume di candela.

(Francesco Alberoni, Corriere della Sera, 23.3.09)

sabato 21 marzo 2009

LO SCARICABARILE

Dopo rom, rumeni, prostitute, fannulloni, bulli, nella politica shining è l´ora dei randagi. Per il governo è automatico: terrorizzare il pubblico invece di governare, additare capri espiatori invece di soluzioni. Col corredo di crudeli imbecilli aizzati ieri contro campi rom, oggi negli avvelenamenti di cani. Sovente i Comuni sono omissivi. Ma come non vedere la dignità ferita nella risposta del sindaco ragusano all´attacco del viceministro sul randagismo: «i Comuni pattumiera istituzionale, a cui si danno poteri ma non risorse». In un film hollywoodiano il presidente diceva: «su questa scrivania termina lo scaricabarile». Da noi lo scaricabarile finisce alla scrivania dell´ultimo impiegato.
(Maurizio Barbato, laRepubblica Palermo 21.3.2009)

giovedì 19 marzo 2009

"PER MEZZO DEI SANTI SI VA..."

Qualche anno fa mi trovavo nella Biblioteca comunale di ***, in Sardegna. Nella sala di lettura fui attirato da un quadro in cui si conservava una lettera autografa di uno dei “padri” del nostro Risorgimento. Riuscii ad avere una copia del documento, la cui trascrizione è la seguente: “Caprera 14 Novembre 79 / Ill.mo Sig. Sindaco / Per quanto da me dipenda farò / quanto lei desidera e spera. / Suo dev.mo / G. Garibaldi” . In calce al documento si legge: “autografo del generale Garibaldi in risposta al telegr.ma del Municipio di *** col quale si raccomanda al Suo / patrocinio la progettata linea di navigazione a vapore lungo la costa occidentale della Sardegna. / *** Giugno 1882/ Il Sindaco / (firma)
Come si vede il settantaduenne “eroe dei due mondi”, ormai in volontario esilio a Caprera (di lì a qualche mese muore), ma formalmente al Parlamento nelle file dei democratici, si ripromette di fare quanto il Sindaco desidera e spera. A me questa sembra tanto somigliante a una “segnalazione” (oggi – vulgariter – ‘raccomandazione’), ma è ancora nell’ambito del bene pubblico e non ha assunto, come oggi, la connotazione del bene privato, della truffa e,in qualche caso, del crimine.

mercoledì 11 marzo 2009

IL PARLAMENTO IN UN BILOCALE DI LUSSO

IL BICAMERALISMO PERFETTO
Con la sua straordinaria capacità di concentrare in poche battute un grande progetto, il presidente del Consiglio ci ha spiegato ieri come intende velocizzare il nostro sistema parlamentare. Basta far votare il capogruppo a nome di tutto il gruppo. I parlamentari semplici potranno parlare, ma non dovranno più prendersi il disturbo di votare. Ora, considerato che la maggioranza avrà presto due soli capigruppo (Pdl e Lega), per far passare una legge basteranno quattro persone: due a Montecitorio e due a Palazzo Madama. E per le votazioni non sarà più necessaria un´enorme aula: basterà una stanzetta, naturalmente con tutti i confort. O magari due: una per il Senato e una per la Camera. Sarà una riforma che lascerà il mondo a bocca aperta, l´Italia che passa dal bicameralismo perfetto al bilocale di lusso.

SEBASTIANO MESSINA (la Repubblica, 11 marzo 200)

martedì 10 marzo 2009

IL CROLLO DELLA SCUOLA PUBBLICA

Spendiamo poco per la scuola, al contrario di quanto afferma il ministro Gelmini che dichiara «siamo tra i primi in Europa». Le statistiche di Eurostat ci piazzano al 21esimo posto avendo dietro di noi solo Grecia, Slovacchia e Romania. Il dato di Eurostat considera tutti i livelli di spesa, locali, regionali e nazionali, comprende istituzioni scolastiche, universitarie nonché le altre istituzioni che fanno funzionare il sistema educativo: ministeri e dipartimenti della pubblica istruzione, servizi, ricerca. I pochi soldi sono però un sintomo, riflettono l'atteggiamento del governo già tristemente sperimentato negli anni 2001-2006. Incuria da una parte, privilegi alla scuola confessionale e di classe. Torna prepotente la profezia di uno dei padri della Repubblica, Piero Calamandrei, verificata nei fatti. Nel febbraio 1950 disse: «Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private». C'è bisogno di aggiungere altro?
(Corrado Augias, laRepubblica 10 marzo 2009)

sabato 7 marzo 2009

LA RUSSA PARLA IN LATINO!


La frase latina Tot capita, tot sententiae (insieme alla variante più corretta Quot capita, tot sententiae e alla vulgata Quot homines, tot sententiae), ci dice che Quanti sono gli uomini, tanti sono i loro giudizi o punti di vista” e deriva dal verso 454 del Phormio del commediografo latino Terenzio. La frase si usa in genere in tono polemico, per deprecare il fatto che, al di là dell’ambito propriamente giuridico - è da sciocchi pensare che qui la ‘sententia’ sia (solo!) quella del giudice -, ognuno la pensa come più gli conviene, non curandosi di una norma comune. Comunque qui non escludo che ciascuno abbia il diritto a esprimere un giudizio suo, individuale, ma è necessario distinguere tra "opinione" e "prevaricazione", oltre al fatto che si deve avere spirito di solidarietà e intelligenza per far sì che prevalga l'opinione migliore per tutti. La prevaricazione di La Russa è sotto gli occhi di tutti, soprattutto per quel giochetto di traduzione maccheronica (‘Tutto capita nelle sentenze’), che, più che il sorriso, lascia in bocca l’amaro di un giudizio sciocco e monco, oltre che frettoloso e ingiurioso, su coloro che amministrano la giustizia.

giovedì 5 marzo 2009

LA FELICE SCEMENZA

In questo periodo, così carico di incognite per la dignità e il salario di milioni di persone, la pubblicità fa uno strano effetto. Ambiguo. Da un lato il suo spensierato invito ai consumi rassicura, come una traccia di normalità: penso che cosa accadrebbe per esempio all´informazione (compreso questo giornale) se la pubblicità dovesse sparire, ingoiata dal cratere della crisi. Dall´altro l´allegra stupidità degli spot, la crapula dorata alla quale ci rinviano, risultano più oscene del solito, come sentire qualcuno che fischietta e ridacchia davanti a un malato, qualcuno che offende il dolore d´altri. Più in generale, del resto, si fa fatica a capire quanto, delle nostre vecchie abitudini, sia da buttare (perché è tra le cause di questo tracollo), e quanto invece sia da conservare, perché ci aiuterà a ripartire. La pubblicità, in questo senso, è il perfetto riassunto del dilemma. La sua invadenza patologica, la sua bulimia concettuale, la sua ipocrisia sociale sono rivoltanti e perfettamente "di regime": il solo vero regime, che è il consumismo.
Ma il suo ottimismo, per quanto fesso, esprime una vitalità e una spinta che rischiamo di dover rimpiangere presto, quando molte delle abitudini contratte negli ultimi cinquant´anni ci sembreranno un remoto lusso: e magari ci dispiacerà non essere stati capaci di goderci un evo di felice scemenza.

(Michele Serra, l'Amaca, Giovedì 5 Marzo 2009)