domenica 24 maggio 2009

SINONIMI E CONTRARI


Per il premier e per questa destra a corto di parole e di idee è sempre la stessa solfa: tutti quelli che pensano con la propria testa sono dei ‘comunisti’, con la variante ‘leninisti‘ e ‘stalinisti’; mi piacerebbe che il cavaliere ci dicesse se conosce la differenza fra i tre termini: non dovrebbe essere difficile per lui, dato che nelle sue letture impegnate si spinge fino a Gadamer e Popper. Comunque in questi giorni, dopo la sentenza di Milano, la frase ricorrente in tutti i TG è che questa (il riferimento è alla sentenza del giudice Angus), è una “giustizia a orologeria”. Gli spettatori (quelli che ancora hanno lo “stomaco” di guardare questi TG!) devono sorbirsi questi vacanzieri della politica che commentano, analizzano, disquisiscono e poi, tac, esce fuori sempre questa ‘giustizia a orologeria’. Ma non sarebbe meglio che si portassero dietro, magari istallato nel telefonino, un dizionario dei sinonimi e dei contrari, anziché affliggerci anche con questa assoluta e mortificante povertà, oltre che di intelligenza, anche di …lingua?

sabato 23 maggio 2009

I COMUNISTI SERVONO!


Convinta di non esistere più, la sinistra italiana potrebbe ridarsi animo seguendo quotidianamente le dichiarazioni di Berlusconi. Giudici comunisti, giornalisti comunisti, Parlamento comunista, perfino una moglie comunista: l´Italia vista dal premier sembra la Pietroburgo degli anni Dieci, pullulante di sovversivi. L´indimenticabile Taormina (a proposito: avvocato, ci manca!) in una delle sue innumerevoli cause perse ebbe a individuare addirittura "periti comunisti", capolavoro ineguagliato.
E mentre i comunisti residui si contendono disperatamente il gruzzolo di voti necessario per ottenere il quorum, e la sinistra affranta deve affidarsi al cardinale di Milano per ritrovare un qualche vigore polemico contro la xenofobia, oppure al valoroso democristiano Franceschini per ricordarsi che la popolarità di Berlinguer era due volte quella del premier e dieci volte quella di Bossi, Berlusconi basta da solo, con le sue paranoie da povero perseguitato, a moltiplicare a dismisura il fantasma del comunismo. Intoccato dalle sentenze passate presenti e future, circondato da pretoriani, avvocati, giornalisti di proprietà, adorato da due italiani su cinque, desiderato fisicamente da stuoli di pon-pon girls, potrebbe godersi quel perenne e festoso condono che è la sua vita. Non può farlo – dice – per colpa dei comunisti. Si scopre infine, e non era previsto, che i comunisti servono a qualcosa.


(Michele Serra, laRepubblica 23mag2009)

mercoledì 20 maggio 2009

DOIV'E' LA VERGOGNA


Immerso fino al collo nello scandalo Mills, rispetto al quale le leggi ad personam lo hanno aiutato a fuggire la condanna ma non il disonore, impegnato a lottizzare in fretta e furia la Rai prima delle elezioni, ieri Silvio Berlusconi ha perso la testa insultando "Repubblica". E' successo quando Gianluca Luzi, il nostro notista politico, gli ha chiesto durante una conferenza stampa se e come avrebbe risposto alle dieci domande che gli abbiamo rivolto sul caso del «ciarpame politico» sollevato dalla moglie con la denuncia dei suoi metodi di selezione delle candidate, i suoi comportamenti da «malato» che «frequenta minorenni».
«Vergognatevi», ha intimato il Presidente del Consiglio. Per aver colto le contraddizioni tra le sue versioni dei fatti e quelle degli altri protagonisti della vicenda? Per avergli chiesto di chiarirle? Per aver posto queste domande in pubblico? Per aver rotto il conformismo italiano che è l´altra faccia del cesarismo? O per non aver censurato la denuncia della moglie? Spiace per il premier ma le contraddizioni del potere e le domande che ne nascono sono lo spazio proprio del giornalismo. Che cosa intenda il Capo del governo quando dice che «se Repubblica cambiasse atteggiamento potremmo trovare un accordo» non è chiaro ma è impossibile.
Non cerchiamo «accordi», ma trasparenza. E in ogni caso, non cambieremo atteggiamento anche perché l´imbarazzo di Berlusconi e la sua ira spingono a cercarne le ragioni, come deve fare un giornale. Il premier dovrà rassegnarsi. Non tutto in questo Paese è «arrangiabile», risolvibile con qualche patto oscuro. Se è capace di togliere le sue contraddizioni dal tavolo, lo faccia davanti ai cittadini. Altrimenti, continueremo a dire che non può farlo, e a chiedergli perché.
Per il resto il Presidente del Consiglio ripete la sua invettiva abituale: ora rivendica una dimensione privata, dopo che anche la sua Prima Comunione viene spacciata dai suoi giornali come volantino elettorale. E insiste sull´odio «politico» e l´invidia «personale», come se non fosse possibile la critica dei cittadini che non hanno bisogno di odiarlo e non si sognano nemmeno di invidiarlo, perché gli basta giudicarlo.
«Gli italiani stanno con me, con me» ha urlato alla fine il premier. Intendendo che il numero dei consensi oltre al pieno diritto di governare gli conferisce anche l´immunità da critiche, osservazioni e domande. Non è così in nessun paese democratico, signor Presidente, s´informi, entrando finalmente in Occidente. Ma il fatto che lei lo pensi, per tappare la bocca ai giornali, ci fa davvero vergognare un po´.

(Ezio Mauro, laRepubblica 20mag2009)

domenica 17 maggio 2009

VA IN ONDA LO STATISTA POP

Ormai siamo berlusconizzati a tutto. Perciò, quando lo abbiamo visto affacciarsi alla Nazione dai divani di «Porta a porta» per parlare di un fatto privato come il suo divorzio, sapevamo già che nulla avrebbe potuto stupirci. Nemmeno un tentativo disperato di riconciliazione affidato alla chitarra del maestro Apicella o, al contrario, la firma in diretta di un mandato fiduciario alla sua divorzista Ippolita Ghedini, sorella del Niccolò che lo difende nelle cause penali (quell’uomo è così metodico che ha addestrato un Ghedini per ogni rogna). Invece il Presidente Addolorato, come da sua ultima raffigurazione, ci ha spiazzati ancora una volta, recitando semplicemente se stesso e cioè il primo statista pop che abbia mai calcato il palcoscenico della Storia.

Persino quel simpatico mangiatore di arachidi di Bill Clinton, quando dovette andare in tv a parlare dei fattacci propri, indossò una faccia contrita e atteggiamenti d’eccezione, cercando frasi memorabili che per sua fortuna non trovò. Berlusconi riesce a parlare del terremoto, della moglie e del Milan allo stesso modo, nella stessa sera e a volte nella stessa frase, come se tutto fosse la stessa cosa, perché per lui lo è. Come lo è per milioni di italiani che anche quando non lo amano, lo capiscono, dal momento che Berlusconi, tranne che per il reddito, è identico a loro.

Gli stranieri, basta vedere la Cnn, non riescono a comprendere la nostra mancanza di indignazione. Ma uno può indignarsi dello specchio? Questo è il Paese dove un qualsiasi piccolo imprenditore conclude un affare di miliardi con una mail e intanto scambia via sms una barzelletta sconcia con un amico, mentre al telefono ordina un mazzo di fiori per il compleanno dell’amante. Alto e basso, serietà e cazzeggio, cinismo e lacrima. In contemporanea. Questa è la bassa grandezza d’Italia e chi la vorrebbe diversa rischia di ritrovarsi all’opposizione di se stesso.

In tv Berlusconi si è dipinto per l’italiano medio che è. Un padre troppo impegnato sul lavoro, ma che non si è mai dimenticato delle feste di compleanno dei figli, anzi, le ha «sostenute finanziariamente». Un marito distratto, ma capace di romanticismi occasionali e altamente spettacolari, come quando si travestì da nobile berbero per consegnare un gioiello alla «signora». La quale ora non vuole più saperne di lui solo perché si è fidata dei giornali di sinistra, i quali lo hanno dipinto come un depravato seduttore di minorenni, quando invece le cose sono andate così: Silvio era al Salone del Mobile di Milano, ma è dovuto scappare in anticipo per l’imbarazzo che gli procuravano i cori «Grande grande grande» dei fan. Atterrato a Napoli un’ora prima del previsto, ha ingannato l’attesa andando a farsi scattare quattro foto alla festa di compleanno della figlia di un amico. Se adesso la moglie non gli chiede scusa per aver dubitato della sua probità, lui cosa può farci, se non continuare a volerle «un mare di bene»?

In un mondo così meraviglioso e rassicurante c’è poco spazio per l’autocritica. E quando, nel passaggio più rivelatore della serata, Ferruccio De Bortoli, a nome della borghesia lombarda che fu, gli fa notare che un capo del governo non dovrebbe andare a feste di nozze e compleanni, il Premier del Popolo risponde: «Se non andassi ai matrimoni, rinuncerei a essere me stesso. Io parlo con i camerieri, i tassisti, i commessi. Ho un grandissimo rispetto per le persone umili». Applausi in sala e chissà quanti a casa. Questo divorzio minaccia di essere un altro terremoto: nel senso che, invece di togliergli voti, gliene porterà.

(Massimo Gramellini, La Stampa 6mag2009)

giovedì 14 maggio 2009

SI AL DIALOGO (SOLO!) CON QUESTA DESTRA


L´ultima metamorfosi di Fini...

Filippo Ceccarelli

È ben significativa e densa di novità la fotografia di Fini attorniato da un numeroso gruppo di rappresentanti di organizzazioni omosessuali, e non solo perché sono tutti allegri, a cominciare dal presidente della Camera che mostra un dossier dell´Arcigay e alle spalle ha un quadro raffigurante i palazzi del potere.
Nessuna indagine iconografica può infatti cancellare il ricordo di quanto disse lo stesso Fini, nell´aprile del 1998, sull´inopportunità che un omosessuale «dichiarato» – sublime ipocrisia benpensante! – potesse fare il maestro di scuola. Né si può dimenticare che sempre in quegli anni, sia pure scherzosamente richiesto di dire «qualcosa di destra», l´allora fedele portavoce del leader di An, Storace, se ne uscì, con tanto di mano a imbuto: «A´ froci!».
Bene, ieri i «froci» sono stati gioiosamente ricevuti dal presidente dell´assemblea nel suo ufficio, a Montecitorio; e già questo in fondo basta, «e soverchia» (direbbe Andreotti) a rendere il senso dell´evento: sennonché Fini si è pure riservato il lusso di dargli dei consigli di tecnica, per così dire, politica e procedurale: fate così, non colà, date retta a me, perché allora in quel caso si potrebbe... In ballo com´è ovvio ci sono le coppie di fatto. Ciò che senza tante storie si può e forse si deve definire un diritto civile.
Ora, non è che per questo Fini abbia smesso di essere un leader di destra, anzi della destra. La faccenda a suo modo scabrosa, sia pure in tempi di big bang ideologico, è come qualificare questa destra che è di Fini e non del Pdl, quali aggettivi o sostantivi metterle a fianco, che non siano usurati, o peggio usuranti. Destra dei diritti? Destra repubblicana? Destra sarkozista? Destra costituzionale? Destra riformista?
Una destra, insomma, vattelapesca. E tuttavia, mai come nel caso di Fini l´incertezza lessicale e il vuoto battesimale appaiono già colmati da un pieno impressionante di posizioni che vanno tutte in un unico verso. Da gennaio a oggi: difesa del ruolo del Parlamento, liceità di insegnamento del Corano, attenzione alle ragioni dei laici e dei famigliari nel caso di Eluana Englaro. No ai medici-spia, no ai presidi-spia, no alla metro per i milanesi. Appoggio alla sentenza con cui la Consulta ha bocciato alcune parti della legge 40 sulla fecondazione assistita. Proposito di modifica di alcune parti della legge cosidetta Bossi-Fini.
L´elenco si è quindi allungato al congresso del Pdl con il rifiuto del «pensiero unico», sottinteso berlusconiano, del confessionalismo e dello «Stato etico», sulla legge del fine-vita. Cauto, ma devastante, l´appoggio di Fini all´intemerata della Fondazione FareFuturo sull´arruolamento di belle ragazze e sull´utilizzo elettorale di corpi femminili. Sintomatico, infine, l´invito a non trascurare le responsabilità, anche penali, su come sono stati costruiti certi edifici all´Aquila.
Viene dunque abbastanza normale chiedersi: c´è un disegno? Forse sì, forse no, in questi casi non si va dal notaio. Piuttosto, sembra evidente che questa «destra nuova» – essendo da intendersi «nuova destra» con quella neopagana di Alain de Benoist – ha rigettato o superato un´eredità e al tempo stesso ha individuato un nuovo ciclo politico. Così il patrimonio che Fini si è buttato alle spalle non è tanto il fascismo mussoliniano, che pure tanto attrae il sistema mediatico, quanto il legame con il pensiero classico conservatore, nella variante britannica e social-gollista; ma poi anche, e anzi soprattutto, il bagaglio che alla fine del secolo scorso la destra si è caricata sulle spalle in senso thatcheriano, reaganiano, iper liberista.
È più chiaro insomma quello che non c´è più di quello che è venuto a sostituirlo. Però intanto Fini continua a «menare come un fabbro». L´espressione gli scappò ai margini di un talk-show nel tempo, nemmeno troppo lontano, della grande lite con Berlusconi. Lite rientrata prima delle ultime elezioni politiche, abbastanza misteriosamente per la verità. Il punto è che questa destra ancora senza nome danneggia Berlusconi più di quanto faccia la sinistra. Ne mostra l´inconsistenza, gli toglie il mestiere. Può essere addirittura un problema, l´ennesimo paradosso di una politica che ha perso le sue coordinate.


(Filippo Ceccarelli, laRepubblica 14mag2009))

domenica 10 maggio 2009

IL DITO DI VERONICA

Ma davvero il divorzio del nostro papi-premier non sarebbe “anche” una questione politica? Con i pesanti dubbi sulle sue frequentazioni di minorenne sollevati pubblicamente dalla moglie, che ha segnalato pure una specie di malattia maniacale del suo consorte per le questioni attinenti al sesso? Con lo stesso Berlusconi che sull’argomento fa interviste difensive ai direttori di due grandi quotidiani, mentre i dipietristi gli chiedono in parlamento se le accuse di Veronica “rispondono al vero”e il cattolicissimo l’Avvenire comincia a chiedergli conto della sua vita così poco consona ai valori di cui dovrebbe essere il campione?

E’ una vicenda appassionante proprio sul piano pubblico questa berlusconeide, perchè può diventare una cartina di tornasole di quanto il nostro paese abbia ancora anticorpi per criticare chi comanda, per opporsi ad una politica sempre più in caduta libera verso il puro potere personale. Ed è una storia doppiamente intrigante perchè è intrecciata alle donne e all’uso del loro corpo, lo strumento prediletto di Berlusconi non solo per i privati svaghi ma per spettacolarizzare la vita pubblica e svuotarla di ogni contenuto.In nessun altro paese dell’Occidente è successo così in grande, e con un aiuto così massiccio della Tv (Segnalo a questo proposito un agghiacciante documentario sull’argomento che potete vedere on line, www.ilcorpodelledonne.com). Veronica è la prima che, sia pure per motivi privati, ha provato a suo rischio e pericolo a mettere un dito nell’ingranaggio. Almeno di questo le va reso merito.

In: http://valentini.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/05/05/i-meriti-di-veronica/


venerdì 8 maggio 2009

INDECOROSA CONDOTTA


E' con profonda tristezza che scopro di vivere in un paese che non mi piace, circondato da gente che non mi piace, volgare e suddita. Si dice in giro che non vi debbano più essere nemici, ma solo avversari con cui confrontarsi pur nella diversità di opinione. Ma per confrontarsi bisogna avere qualcosa da dirsi, usare un linguaggio comune. Mi chiedo: che cosa mi accomuna a questo signore che ci governa, ossessionato dal suo aspetto e dalla sua potenza sessuale, e con il popolo che lo segue adorante e plaudente? Vedo qualcosa di avvilente nelle private vicende di un anziano e facoltoso signore che finge di essere giovane e "in forma" circondandosi di ragazzine avvenenti e disponibili. E c'è qualcosa di così orribile in questo sciagurato paese che esulta per le avventure dell'anziano signore, solo perché è un potente e lo difende dalla moglie che protesta pubblicamente contro la sua indecorosa condotta. Mi sento estraneo e disgustato.
(Lettera firmata su laRepubblica, 8.5.2009)

giovedì 7 maggio 2009

SINISTRA IN ORDINE SPARSO

Dopo quello che le è accaduto alle ultime elezioni, la sinistra-sinistra si ripresenta divisa alle europee: neo-comunisti da una parte, vendoliani, verdi e mussiani dall´altra (mi scuso se ho dimenticato le briciole). Quasi certo che nessuno dei due schieramenti riuscirà a ottenere il quorum. Quasi certo che, presentandosi uniti, lo otterrebbero. Anche supponendo che tra i due gruppi esistano irriducibili dissensi politici e personali, è semplicemente sbalorditivo che accettino a priori di disperdere i loro voti pur di non federarsi: meglio morire che doversi sopportare a vicenda.
La storia della sinistra (quasi tutta) è in fondo tutta qui. In questo dilaniarsi, distruggersi e autodistruggersi di persone spesso brave e disinteressate, ma del tutto incapaci di rinunciare all´io nel nome del noi. Se ci pensate, è un paradosso spietato. Il campo politico che dovrebbe più e meglio di altri esercitare intenzioni socievoli e spirito collettivo è il più minato dal narcisismo e dal settarismo. Unita, la sinistra-sinistra avrebbe potuto essere un´alternativa al Pd e soprattutto a Di Pietro. Spezzata in due tronconi, non è un´alternativa neanche a se stessa.

(Michele Serra, laRepubblica, 7.5.2009)

sabato 2 maggio 2009

UNA DICIOTTENNE PER SILVIO

L' affare veline ha molti aspetti che meritano attenzione. Per ragioni di spazio ne posso accennare due. Il primo è pubblico. Il presidente del Consiglio ha una convinzione, più volte ribadita, a proposito degli organi parlamentari e di governo: servono a poco, a volte risultano addirittura dannosi: fanno perdere un sacco di tempo. Fin dal primo governo (1994) molti uomini e donne collocati in posizioni chiave erano clamorosamente fuori posto. Per evitare ogni 'ciarpame senza pudore' ricordo un esempio alto: fare ministro per i Rapporti col Parlamento un uomo di scontro in prima linea come Giuliano Ferrara fu un evidente 'miscast'. Durò poco. L'uomo, a parte due o tre posizioni chiave, non bada a funzioni e competenze, riempie caselle, ripaga amiche e amici, soddisfa i suoi capricci. Per il resto conta soprattutto su se stesso divorato com'è dalla sua egolatria. Il risultato è che in quindici anni di vita politica, se si escludono alcuni provvedimenti di 'autotutela', non ha lasciato una sola impronta che possa definirsi non dico storica ma almeno significativa. Poi c'è l'aspetto privato, come minimo ha due facce. La moglie legittima, Veronica Lario, che ormai tratta con irata estraneità. Si deve presumere che solo il futuro patrimoniale e manageriale dei suoi tre figli (i due più grandi sono di un precedente matrimonio) impediscano una separazione definitiva. C'è infine Anna Letizia, mamma della diciottenne Noemi, la quale lancia messaggi ambigui: «Come ho conosciuto il presidente? Non chiedetemelo, per favore. Consentiteci un po' di privacy. Come persona, come famiglia e come madre. Le mie foto? No, non amo darle. Se vuole, può farle uscire lui, papi». Chissà perché Papi anche lei, come sua figlia.
(Corrado Augias, laRepubblica 1.5.2009)