giovedì 14 maggio 2009

SI AL DIALOGO (SOLO!) CON QUESTA DESTRA


L´ultima metamorfosi di Fini...

Filippo Ceccarelli

È ben significativa e densa di novità la fotografia di Fini attorniato da un numeroso gruppo di rappresentanti di organizzazioni omosessuali, e non solo perché sono tutti allegri, a cominciare dal presidente della Camera che mostra un dossier dell´Arcigay e alle spalle ha un quadro raffigurante i palazzi del potere.
Nessuna indagine iconografica può infatti cancellare il ricordo di quanto disse lo stesso Fini, nell´aprile del 1998, sull´inopportunità che un omosessuale «dichiarato» – sublime ipocrisia benpensante! – potesse fare il maestro di scuola. Né si può dimenticare che sempre in quegli anni, sia pure scherzosamente richiesto di dire «qualcosa di destra», l´allora fedele portavoce del leader di An, Storace, se ne uscì, con tanto di mano a imbuto: «A´ froci!».
Bene, ieri i «froci» sono stati gioiosamente ricevuti dal presidente dell´assemblea nel suo ufficio, a Montecitorio; e già questo in fondo basta, «e soverchia» (direbbe Andreotti) a rendere il senso dell´evento: sennonché Fini si è pure riservato il lusso di dargli dei consigli di tecnica, per così dire, politica e procedurale: fate così, non colà, date retta a me, perché allora in quel caso si potrebbe... In ballo com´è ovvio ci sono le coppie di fatto. Ciò che senza tante storie si può e forse si deve definire un diritto civile.
Ora, non è che per questo Fini abbia smesso di essere un leader di destra, anzi della destra. La faccenda a suo modo scabrosa, sia pure in tempi di big bang ideologico, è come qualificare questa destra che è di Fini e non del Pdl, quali aggettivi o sostantivi metterle a fianco, che non siano usurati, o peggio usuranti. Destra dei diritti? Destra repubblicana? Destra sarkozista? Destra costituzionale? Destra riformista?
Una destra, insomma, vattelapesca. E tuttavia, mai come nel caso di Fini l´incertezza lessicale e il vuoto battesimale appaiono già colmati da un pieno impressionante di posizioni che vanno tutte in un unico verso. Da gennaio a oggi: difesa del ruolo del Parlamento, liceità di insegnamento del Corano, attenzione alle ragioni dei laici e dei famigliari nel caso di Eluana Englaro. No ai medici-spia, no ai presidi-spia, no alla metro per i milanesi. Appoggio alla sentenza con cui la Consulta ha bocciato alcune parti della legge 40 sulla fecondazione assistita. Proposito di modifica di alcune parti della legge cosidetta Bossi-Fini.
L´elenco si è quindi allungato al congresso del Pdl con il rifiuto del «pensiero unico», sottinteso berlusconiano, del confessionalismo e dello «Stato etico», sulla legge del fine-vita. Cauto, ma devastante, l´appoggio di Fini all´intemerata della Fondazione FareFuturo sull´arruolamento di belle ragazze e sull´utilizzo elettorale di corpi femminili. Sintomatico, infine, l´invito a non trascurare le responsabilità, anche penali, su come sono stati costruiti certi edifici all´Aquila.
Viene dunque abbastanza normale chiedersi: c´è un disegno? Forse sì, forse no, in questi casi non si va dal notaio. Piuttosto, sembra evidente che questa «destra nuova» – essendo da intendersi «nuova destra» con quella neopagana di Alain de Benoist – ha rigettato o superato un´eredità e al tempo stesso ha individuato un nuovo ciclo politico. Così il patrimonio che Fini si è buttato alle spalle non è tanto il fascismo mussoliniano, che pure tanto attrae il sistema mediatico, quanto il legame con il pensiero classico conservatore, nella variante britannica e social-gollista; ma poi anche, e anzi soprattutto, il bagaglio che alla fine del secolo scorso la destra si è caricata sulle spalle in senso thatcheriano, reaganiano, iper liberista.
È più chiaro insomma quello che non c´è più di quello che è venuto a sostituirlo. Però intanto Fini continua a «menare come un fabbro». L´espressione gli scappò ai margini di un talk-show nel tempo, nemmeno troppo lontano, della grande lite con Berlusconi. Lite rientrata prima delle ultime elezioni politiche, abbastanza misteriosamente per la verità. Il punto è che questa destra ancora senza nome danneggia Berlusconi più di quanto faccia la sinistra. Ne mostra l´inconsistenza, gli toglie il mestiere. Può essere addirittura un problema, l´ennesimo paradosso di una politica che ha perso le sue coordinate.


(Filippo Ceccarelli, laRepubblica 14mag2009))

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