
giovedì 23 aprile 2009
Majorettes a Strasburgo

sabato 18 aprile 2009
I SOLITI PORTAVOVE CON LE SOLITE FRASI E PURE NOIOSI

Gesù ma quanto è noioso, questo Capezzone. Non gli si può certo imputare di svolgere mansioni umilianti e ripetitive: è il suo ruolo di portavoce. Deve dire, per contratto, ogni giorno sempre la stessa cosa, che il governo ha ragione e chi non è d´accordo ha torto. Ma lo facesse, almeno, cercando qualche variazione sul tema, qualche aggettivo inconsueto, qualche guizzo umorale. Niente. La fissità del volto (nemmeno l´esplosione di un petardo nelle tasche lo aiuterebbe a cambiare espressione) riflette la monotonia delle parole.
Avrebbe urgente necessità di un autore e di un regista. Che potrebbero perfezionare, per esempio la naturale vocazione di Capezzone al genere noir: già di suo sembra sempre illuminato dal basso, come Bela Lugosi al risveglio nel suo sarcofago. Con pochi tocchi (raso rosso tutto attorno per valorizzare il pallore, testi vigorosamente minacciosi) diventerebbe il primo caso al mondo di portavoce cult. Pronunciando brevi maledizioni, tipo "la terra si spalanchi sotto i piedi dei comunisti", mentre qualche lampo balena alle sue spalle e un refolo di vento gelido gli gonfia il mantello nero. Qualunque cosa, anche un lancio di pipistrelli di gomma da parte del cameraman, pur di salvarci dalla noia.
(Miclele Serra. laRepubblica 18.4.09)
venerdì 17 aprile 2009
APPLAUSI DI DESTRA

Sarà capitato a tutti, ai funerali di una vittima di mafia o di chi è stato vittima di un gravissimo atto di violenza, di notare questa nuova e perversa abitudine: applaudire all’uscita del feretro dalla chiesa o subito dopo il minuto di silenzio o al termine di un discorso commemorativo. Questo applauso, improprio e sciocco, è solo un modo come un altro per allontanare da sé l’idea della morte, il ricordo della violenza, l’atrocità e la bestialità di un delitto. L’applauso oltretutto non agevola la riflessione, la meditazione, i sentimenti, ma si riduce a un gesto compulsivo, senza una precisa valenza etica.
In merito a questa tematica, ecco cosa scrive una acuta ‘penna’ (http://grafomania.blog.kataweb.it/):
L´applauso facilita il lavoro di cavalcamento delle emozioni del politico, lo agevola, lo rende semplice. Fomenta il lavoro di distorsione del messaggio, evita l´analisi dell´accaduto. Le responsabilitá vengono cosí efficacemente ricondotte al caso particolare, al peculiare, al semplice. Il battito di mani salva ed apre carriere politiche. La gente che applaude viene sfruttata, viene sfruttata la sua ignoranza a riguardo dei messaggi che manda attraverso i media. Non sempre é cosí. Esistono ancora, fortunatamente, funerali canonicamente normali, nei quali il protagonismo della folla é assente. La sensibilitá é comune a diversi tratti personali, alle caratteristiche di uomini anche politicamente diversi. Non ci sono funerali di destra e di sinistra, ma é anche vero che, nella maggior parte dei casi, chi applaude ai funerali poi vota, o ha votato, Berlusconi. In questo senso l´atto del battere le mani ai funerali é specchio della nostra Italia. Ai funerali dei morti dell´Aquila e provincia, umanamente, intimamente, la folla piangeva in silenzio. L´effetto folla misura la forza del sentimento di commiato: piú potenza e la veritá del sentimento sono forti, piú si cerca di tenersele per se.
giovedì 16 aprile 2009
NON DISTURBARE!

Invece, andiamo avanti, tanto siamo bravissimi a metterci una pezza. Se diventassimo più bravi a farci degli sbreghi meno grossi sarebbe una gran conquista.”
In: http://buonipresagi.splinder.com/post/20328642
mercoledì 15 aprile 2009
Siamo un Paese civile?

(Corrado Augias, laRepubblica 15.4.2009)
martedì 14 aprile 2009
NIENTE PREVENZIONE, SIAMO ITALIANI!
E' vero, come è stato scritto più volte in questi giorni, che siamo gente capace di dare il meglio nell'emergenza. Anche vero per contro che il ricordo dell'emergenza svanisce velocemente sia per una certa naturale inclinazione alla spensieratezza sia per precisi interessi che premono in quella direzione. Ogni volta abbiamo sentito ripetere, dopo ogni terremoto, i discorsi di questi giorni. Per fare un esempio, solo il disastro dell'Abruzzo e quelle centinaia di poveri morti ci hanno fatto scoprire che un certo senatore Gabriele Boscetto (Gruppo PdL) ha presentato un emendamento per rinviare di un anno e passa le norme antisismiche per le costruzioni. Emendamento approvato in commissione Affari costituzionali (presidente lo stesso Boscetto) poi in aula, Senato e Camera. L'uomo, intervistato, non ha avuto una parola di rammarico, non un dubbio. Se questa è la visione di un senatore perché sorprendersi del resto? La Protezione civile dovrebbe, a norma di legge, studiare ininterrottamente il territorio censendo i vari rischi (idrogeologico, sismico, industriale, trasporti, ecc.); formare e informare la popolazione comprese le esercitazioni relative; organizzare emergenza e soccorsi (piani ospedalieri, aree di raccolta, tendopoli) eccetera. Tutte queste cose dovrebbero essere fatte con fredda calma, senza il trauma della calamità in atto. Anni fa (gestione Barberi) vennero formati dei direttori dell'emergenza. Poi solo generosità, coraggio, affanno. E i morti.
(Corrado Augias, laRepubblica, 14/4/2009)
(Corrado Augias, laRepubblica, 14/4/2009)
domenica 12 aprile 2009
QUALE RAPPORTO FRA DIO E IL MALE DEL MONDO?

(Corrado Augias, laRepubblica 12.4.09)
domenica 5 aprile 2009
LEZIONI DAL G20 DI LONDRA

(Enrico Franceschini, http://franceschini.blogautore.repubblica.it/2009/04/04/lezioni-del-g20/)
venerdì 3 aprile 2009
Silvio, la regina e 'Mister Obamaaa...'
Ieri sul web non si cliccava altro e non si parlava d´altro, e non certo per un inedito interesse verso la politica internazionale, ma per il crescente successo dei video da ridere, vero e proprio format mondiale del buffo mediatico. Al sorriso straripante, alle pacche sulle spalle, ai festosi richiami, Silvio Berlusconi ha aggiunto questa volta uno speciale saluto urlato al presidente degli Stati Uniti, «mister Obamaaaaaa», che ha indotto l´anziana regina d´Inghilterra a voltarsi di scatto, con la reale borsetta serrata al fianco, mormorando «what is it?», che roba è questa? Le fonti, tutte autorevoli data la circostanza, si dividono sulla successiva frase della regina: secondo alcuni «ma perché urla?», secondo altri «ma chi è che urla?».Difficilmente gli archivi storici registreranno l´una o l´altra versione. Questo è il solo e fondamentale motivo di consolazione per quella parte di italiani, non quantificabile, che vorrebbe dimenticare l´episodio non tra un mese, un anno, un secolo, ma tra cinque minuti. O meglio ancora, vorrebbe non averlo mai saputo. Quanto alla parte restante della pubblica opinione, non c´è dubbio che troverà spiritosamente informale essere rappresentati all´estero secondo i dettami dell´animazione turistica piuttosto che secondo il protocollo barbogio che regola i rapporti tra capi di Stato e di governo. Ma questo, diciamolo una volta per tutte, è un problema loro e non nostro. Il nostro, oramai annoso, è far capire prima di tutto a noi stessi che la depressione che ci coglie ad ogni berlusconata, sia pure addolcita da un paio di risate (è come Sordi? come Buzzanca? come Boldi?); la depressione che ci coglie, dicevo, non è più, da tempo, un problema politico. Non c´entrano assolutamente niente destra e sinistra, non c´entrano governo e opposizione, non c´entra la tradizionale faziosità italiana. C´entra, eccome, un senso di vero e proprio sgomento identitario, profondissimo, plurisecolare, che ci porta a dire: ma noi italiani, siamo davvero così? Siamo davvero e definitivamente questo teatrino pittoresco, questa ruffianeria ostentata, questo sgomitare furbo alla disperata ricerca di uno che ti risponda e magari, addirittura, ti consideri un suo pari? Perché è esattamente questo che ci ferisce (ammettiamolo: ci ferisce) nel Berlusconi da esportazione: la sensazione che quel continuo soprattono, l´esagerata confidenza che chiede e concede, la ricerca ossessiva di attenzione e di riconoscimento, siano il segno conclamato e forse definitivo di un profondo complesso di inferiorità nazionale. Peggio ancora: se ci mortifica immaginare lo scontato dileggio che altri capi di altri paesi certamente riservano in privato all´uomo che, comunque la si veda, è colui che ci rappresenta nel mondo, non sarà che questa mortificazione discenda da un´errata, illusoria interpretazione di noi stessi? Non sarà che l´invocato stile da classe dirigente, la sperata eleganza, il desiderato senso della misura, la invocata normalità, sono in realtà altrettanti errori di prospettiva, illusioni fragili come fragile (e sconfitta) è stata la nostra borghesia, traguardi smisurati per un paese nella realtà molto più somigliante a quell´anziano cumenda vistosamente tinto che grida «mister Obamaaaa» come in un bar milanese, e esattamente per questo piace nei bar milanesi? E in quale bar ritrovarci, noi altri, dove si conosca e si pratichi la differenza tra il bar stesso (nel quale ci sentiamo a casa nostra) e un vertice mondiale (nel quale entrare con esitante educazione)?
Michele Serra, laRepubblica 3.4.2009)
Michele Serra, laRepubblica 3.4.2009)
mercoledì 1 aprile 2009
FUTURISMO, FASCISMO E RIDICOLO

(Fabrizio Lentini, laRepubblica PA 1.4.2009)
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