mercoledì 6 agosto 2008

FARSE POLITICHE E DIRITTI CIVILI

Noi italiani abbiamo una vocazione per la farsa. Finché si applica l´arte, tutto bene. Quando traligna e si pretende politica, l´effetto è meno lusinghiero. E conferma il resto del mondo nel giudizio sul carattere sovente umoristico delle nostre apparizioni sul palcoscenico internazionale.
Alla farsa politica appartiene senz´altro l´invito rivolto in extremis da autorevoli esponenti del governo (Giorgia Meloni) e della maggioranza (Maurizio Gasparri) ai nostri atleti perché boicottino la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici. Motivo: il regime di Pechino non rispetta i diritti umani.
Ora, i casi sono tre.
1: Gli standard cinesi in materia di libertà civili, sovranità del diritto e democrazia sono del tutto intollerabili per i principi e la prassi del nostro paese, al punto di impedirci di partecipare alle Olimpiadi. Ipotesi ad oggi scartata dal governo e dalla maggioranza di cui le Meloni e i Gasparri sono parte.
2: L´autocrazia cinese non ci piace punto, ma siccome rappresenta una superpotenza in gestazione, con cui dovremo fare i conti per questo secolo e oltre, non consideriamo utile ferirla nel momento in cui, ospitando il più grande evento mediatico di ogni tempo, si espone al giudizio del mondo. Anzi, le Olimpiadi sono l´occasione per spingere la Cina ad avvicinarsi per quanto possibile ai valori e alle regole occidentali. Opzione prevalente a Palazzo Chigi, come confermato in serata dallo stesso Berlusconi con una telefonata al ministro degli Esteri Frattini, nel tentativo di mettere la sordina alla diatriba innescata da Meloni e Gasparri. Scelta fra l´altro già solennemente sigillata da Napolitano con la consegna del tricolore ai nostri atleti in partenza per Pechino.
3: Insensibili al principio di non contraddizione e al comune senso del pudore, proviamo a conciliare le due scelte precedenti. Dunque spediamo gli azzurri in Cina con il dovuto accompagnamento di stendardi, inni e fanfare, salvo poi virilmente invitarli al «gesto forte»: boicottate la cerimonia di apertura! Ecco l´astuto "lodo Meloni- Gasparri": gli atleti facciano i politici, visto che i politici non sanno che fare. Nella migliore tradizione della farsa all´italiana.
E visto che ormai le parti in commedia sono rovesciate, non stupisce che il commento più pertinente e più politico al "lodo Meloni-Gasparri" sia scaturito dalla bocca di un pugilatore, il campione del mondo Clemente Russo, elettore di Alleanza nazionale: «Certi politici, anche se vicini alle mie idee, sono incompetenti. Non capiscono certe cose al di fuori del loro mondo. Non vedo perché disertare la cerimonia d´apertura. Tanto valeva boicottare i Giochi. Alla ministra Meloni chiedo: ma lei diserterebbe l´occasione della sua vita?».
Il loico russo ha un solo torto. Considera che a reggere lo Stato siano statisti mossi dalla cura del bene comune. O dal puro buon senso. La farsa preolimpica - speriamo si chiuda qui, ma non ci giureremmo - conferma che non sempre è così. La pioggia estiva di battute e controbattute sull´esserci o non esserci all´inaugurazione delle Olimpiadi - in attesa che qualcuno proponga per equanimità di astenerci dalla cerimonia di chiusura - è solo ginnastica di aggiustamento attorno a quella che ciascuno dei dibattenti presume sia la prevalente opinione pubblica in materia. Ammesso e non concesso che gli italiani, in vacanza e non, si dilanino circa l´opportunità che gli azzurri sfilino o meno sulla pista dello stadio olimpico di Pechino.
Se il governo fosse riuscito a convincere gli atleti azzurri a disertare l´inaugurazione dei Giochi, dopo averceli mandati, avrebbe realizzato un autogol di rara fattura. Invece di isolare la Cina avremmo isolato noi stessi. Anziché contribuire alla causa della libertà nell´Impero di Mezzo, avremmo convinto definitivamente i cinesi, e con loro il mondo, che siamo un paese di inaffidabili dilettanti.
Per carità, la gestione politica delle Olimpiadi cinesi è questione più che seria. Ma i responsabili dei diversi paesi hanno sciolto il nodo da tempo. E comunque non delegano agli atleti le proprie responsabilità. Il che non impedirà a singoli olimpionici di compiere gesti simbolici, per ragioni di coscienza e impegnando solo se stessi.
Fra i leader mondiali la scelta più significativa l´ha compiuta George W. Bush, che in Cina si fermerà quattro giorni. In coerenza con la linea di "ingaggio" della Cina prevalente a Washington. Certo, l´osmosi economica cino-americana spiega la presenza di Bush alle Olimpiadi - non solo all´apertura - più e meglio di ogni altra considerazione. L´ultima cosa che può venire in mente a un responsabile politico americano è quella di colpire la Cina, pur solo simbolicamente, perché oggi equivale a colpire l´America.
Ma Bush, e con lui molti americani (elettori di Obama compresi), è anche un sincero credente nell´espansione della democrazia in quanto valore universale, destino di ciascuno e di tutti. E con lui diversi leader e analisti, non solo americani, pensano che dopo l´intensa e prolungata esposizione alle luci del mondo dovuta alle Olimpiadi - terrorismo e altre catastrofi permettendo - la Cina non sarà più la stessa. Avrà compiuto sensibili passi avanti sulla via della libertà. Con o senza l´avallo dei gerarchi, il popolo cinese non vorrà più tornare indietro.
Come osserva sull´Herald Tribune Victor D. Cha, direttore degli Studi asiatici alla George Town University, «le Olimpiadi stanno costringendo uno dei più rigidi sistemi al mondo al cambiamento». E come conferma Zhang Yi, autorevole analista cinese, nell´ultimo volume di Limes, la via delle riforme è irreversibile, anche se nessuno può scommettere sul risultato. Perché, a differenza del Celeste Impero, che subordinava la crescita economica alla stabilità, «nella Cina moderna è lo sviluppo economico a essere prioritario e la politica deve adattarsi alle trasformazioni economiche».
Vorremmo sbagliarci, ma temiamo che nell´appassionato dibattito nostrano intorno al "lodo Meloni-Gasparri" di simili considerazioni vi sia scarsa eco.

Lucio Caracciolo su laRepubblica 6 Agosto 2008.

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